Esponente della corrente pittorica del Novecento Italiano

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CRITICA

BREVI CENNI DI CRITICA

La critica ufficiale ha sempre apprezzato l’arte figurativa moderna di Betto Lotti, un’arte colta, efficace e coerente.

Sul periodo fiorentino dell’artista scrive Luciano Caramel: “Gli esiti del lavoro del primo Lotti sono quanto mai significativi per la complessità culturale che sottintendono, per la densità dello spessore espressivo…”.

Superate le inquietudini della giovinezza, Lotti raggiunge una profonda intensità spirituale.

Hanno parlato di lui tra gli altri:

Emanuele Bardazzi, Angelo Bolzani, Leonardo Borgese, Stefania Briccola, Michele Campana, Luciano Caramel, Luigi Cavadini, Gianni Cerioli, Alfio Coccia, Costanza Contu, Ettore Cozzani, Philippe Daverio, Raffaele De Grada, Stefano Delfino, Elena Di Raddo, Giuseppe Giardina, Giuseppe Lega, Alberto Longatti, Renato Majolo, Gian Giorgio Massara, Enotrio Mastrolonardo, Marco Moretti, Ugo Nebbia, Giorgio Nicodemi, Ugo Ojetti, Marina Pizziolo, Elena Pontiggia, Mario Radice, Sebastiano Ramundo, G.B. Simoni.

Si riporta integralmente la critica del prof. Philippe Daverio, pubblicata ad introduzione del catalogo "L'arte di Betto Lotti, Paesaggi Lombardi, Luoghi dello Spirito" (Ed. Studio Bolzani, luglio 2017):

Italiano

Nato ancora nel secolo XIX e scomparso nel 1977 a ottantadue anni, Betto Lotti è rimasto in verità un artista misterioso. Ed è come se, prima d’avere vinto la cattedra per l’insegnamento della pittura a Como nel 1936, avesse deciso di dividere la sua esistenza in due parti, il prima e il dopo. A Como diventa un pittore di sostanziale garbo paesaggistico, sulla scia della cultura lombarda del Novecento, quella che trova in Arturo Tosi un riferimento intimista quasi costante e in Carlo Carrà una sorta di maestro necessario ad indicare la via d’una prassi materica.

Dell’esistenza e dell’opera di Lotti da quella data in poi tutto appare chiaro: è egli un narratore attento del paesaggio dove combina la visione vaporosa del lombardo alla materia densa e sovrapposta del piemontese. Riesce infatti a passare indenne nell’atmosfera dei suoi colleghi di Como che esaltano in quegli anni l’astrattismo e si riconoscono nella rivista Quadrante. Sta ben lontano dall’influsso milanese che coinvolge i suoi amici nell’immediato dopoguerra successivo quando viene fondato il MAC, il Movimento per l’Arte Concreta che vede insieme Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gillo Dorfles.

I percorsi delle avanguardie italiane d’allora non trovano alcun interesse nella sua determinazione pittorica, perché lui ha già precedentemente cavalcato le onde della sperimentazione a partire dagli anni successivi alla Prima Guerra. Betto Lotti arriva a Como da quarantenne sposato che sta mettendo su famiglia e inizia finalmente una carriera stabile. Assieme alla carriera sorge quindi il suo stile. Se è noto il percorso pittorico di Betto Lotti da Como in avanti, è ben più misterioso quello precedente; ma è questo anche più intrigante. Si forma infatti attraverso un peregrinare da un luogo all’altro della sperimentazione italiana agli inizi del XX secolo.

Interessante assai è ricordarsi quanto più era internazionale l’Italia fino alla chiusura del Regime a partire dal 1928. Lotti cresce a Venezia prima della Grande Guerra e lì incontra il più bravo degli acquafortisti, quel Guido Balsamo Stella che andrà a fondare la Scuola delle Arti Applicate di Monza. Da Balsamo Stella prende il gusto per le fucine industriali. Torna a Firenze dopo essere stato soldato prigioniero in Austria: la città toscana è allora centro delle arti, uno dei fulcri del futurismo che lo stimola anche se sarà la vena espressionista del primo Ottone Rosai a non lasciarlo indifferente. Poi lì si mette a lavorare per l’editore Vallecchi, il quale sta inventando riviste illustrate che riecheggiano quelle ben più affermate parigine e americane: Lotti scopre l’illustrazione. In quel campo è attivissima la casa editrice parigina di affiche nota come Etablissements Vercasson per la quale lavorano allora vari disegnatori italiani fra i quali il notissimo Leonetto Cappiello (1875/1942). E Lotti per loro dipinge vari manifesti, oggi scomparsi dall’Italia ma che il collezionismo internazionale fra New York e Parigi ricerca con attenzione.

E’ utile tornare proprio in quegli anni toscani del primo dopoguerra quando questo giovane artista, tornato ventiduenne dal campo di prigionia austriaco, approda in una Firenze che è allora la città delle avanguardie per eccellenza. Se la Venezia prebellica era stata la città per eccellenza del decadentismo simbolista, Firenze dopo il conflitto è la città delle pulsioni, delle risse, dei confronti e delle opportunità. E’ il piccolo mondo fra l’Arno e Fiesole allora il crogiolo dove Harold Acton e Bernard Berenson accolgono nelle loro ville il gota del collezionismo mentre nei caffè di piazza Repubblica s’incontrano i giovani delle nuove leve sobillate da Papini. Poi tutto si calma, tutto si rilassa nella morbidezza talvolta ansiosa del novecentismo. E Betto Lotti se ne va ad insegnare e dipingere a Como.

English

Translated into English from the original text, in Italian, written by art historian and critic Philippe Daverio:

Betto Lotti, born in the 19th century and died in 1977 at the age of 83, truly remains a mysterious artist. It is as if he had decided to divide his life into two parts, a before and an after, thus before achieving his professorship in painting in Como, in 1936. He would go on to become a landscape painter, conveying, through his art, all those emotions and perceptions that are so representative of the 20th century lombardian culture and so finely exemplified in Arturo Tosi’s almost constant intimism and in Carlo Carrá’s master’s suggestions and dense brushstrokes. All becomes clear of Lotti’s life and work from this time on. He is a skilled narrator, his landscapes suggesting accuracy and attention to detail and where he finely combines the textures and the mistiness of Lombardy with the dense and rough atmospheres of Piedmont. He is able to move uninjured within the Como art circles’ environment, the same circles that glorify abstractionism and identify with the magazine “Quadrante”, in those years. He keeps apart from the influence of Milan’s cultural and artistic circles, that soon after the Second World War do in fact engage his friends with the foundation of “Mac” – the Movement for Concrete Art, with Bruno Munari, Atanasio Soldati and Gillo Dorfles featuring as the movement’s most significant personalities. He has no real interest in the trends of the Italian avant-garde movements of the time because he has already surfed the waves of experimentation in the years following the First World War. Betto Lotti arrives in Como at the age of 40, he is married, starting up his family and setting about a steady career; this is when his style is truly born. If his painterly path, from the time in Como onwards, is known, the mystery surrounding the time before this, is way more intriguing. His works prove that he is constantly roaming through the various experimental paths that are so typical of the beginning of the 20th century. It is interesting to remember just how international Italy was in 1928 and right until the end of the regime. Lotti grows up in Venice before the Second World War and it is here that he meets Guido Balsamo Stella, the great master engraver, the one that will start off the School of Applied Arts in Monza and will later influence his style in painting industrial foundries. He returns to Florence after his imprisonment in Austria; the city is at this time an important art centre and one of the fulcrums of Futurism; this surely inspires him, even though it is that hint of expressionism sensed in the early works of Ottone Rosai, that finally drags his attention. Soon after, in Florence, Lotti starts working for Vallecchi, that has just set about to publish some illustrated magazines echoing the better known published in Paris and America. Lotti discovers the art of illustration and starts collaborating with the renowned parisian publishing house Etablissement Vercasson, where other famous Italian designers such as Leonetto Cappiello (1875 – 1942) are also engaged. Lotti paints several posters, nowadays almost impossible to find in Italy but widely sought by international collectors, particularly in New York and Paris. It is worthwhile to once again go back to Tuscany, to those very years after the First World War, where Lotti, a young twenty two years old soldier and ex prisoner of war finds his safe haven, in Florence, a city that is the centre of excellence of all avant-guard movements; if pre-war Venice was the quintessence of decadent symbolism, post-war Florence is a city of compulsions, brawls, discussions and opportunities. It is finally this very small world between the Arno River and Fiesole that eventually becomes a melting pot, where Harold Acton and Bernard Berenson gather the art world élite and the wealthiest collectors, while the youngsters, galvanized by the writings of Giovanni Papini, meet in the cafés of Piazza Repubblica. Then all turns calm and still, falling into a mellowness tinged with that sort of anxiety so typical of the 20th century. This is when Betto Lotti moves to Como, to teach and paint.